The Holy Grail is a sacred object figuring into literature and certain Christian traditions, most often identified with the dish, plate, or cup used by Jesus at the Last Supper and said to possess miraculous powers. The connection of Joseph of Arimathea with the Grail legend dates from Robert de Boron's Joseph d'Arimathie (late 12th century) in which Joseph receives the Grail from an apparition of Jesus and sends it with his followers to Great Britain; building upon this theme, later writers recounted how Joseph used the Grail to catch Christ's blood while interring him and that in Britain he founded a line of guardians to keep it safe. The quest for the Holy Grail makes up an important segment of the Arthurian cycle, appearing first in works by Chrétien de Troyes.[1] The legend may combine Christian lore with a Celtic myth of a cauldron endowed with special powers.
The development of the Grail legend has been traced in detail by cultural historians: It is a legend which first came together in the form of written romances, deriving perhaps from some pre-Christian folklore hints, in the later 12th and early 13th centuries. The early Grail romances centered on Percival and were woven into the more general Arthurian fabric. Some of the Grail legend is interwoven with legends of the Holy Chalice.
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Il mito del calice o piatto di Gesù Cristo affonda le sue radici in epoche remote antecedenti al medioevo. La fonte di questa credenza è Jacopo da Varagine, il quale nel 1260 circa, racconta nella Legenda Aurea, che durante la prima Crociata (del 1099), i Genovesi trovarono il calice usato nell'Ultima Cena.
Uno dei primi reperti a cui si attribuì la leggenda, poi detta "del Graal", fu quello che ad oggi viene chiamato il Sacro Catino, ovvero il piatto o calice utilizzato da Gesù nell'Ultima Cena; si tratta di un vaso, intagliato in una pietra verde brillante e traslucida, recuperato dal condottiero della Repubblica di Genova Guglielmo Embriaco Testadimaglio dalla Terrasanta, quando al fianco di Goffredo di Buglione contribuì in maniera decisiva alla caduta di Gerusalemme. Re Baldovino fece scrivere sopra la porta del Santo Sepolcro: Praepotens Genuensium Praesidium, a ricordo della incredibile impresa dei Genovesi e riportò nel 1101 il reperto, che è ancor oggi conservato al Museo del Tesoro della cattedrale di San Lorenzo a Genova.
Le origini del Graal letterario possono invece essere ricondotte ad antiche saghe celtiche intorno ad un eroe viaggiatore che si ritrova in un "altro mondo", su un piano magico parallelo al nostro. In questi racconti il Graal era semplicemente un piatto o coppa, come l'inesauribile cornucopia greco-romana, presentato per significare la natura mistica dell'altro mondo.
Lo sviluppo di ciò che attualmente si conosce come "ciclo" del Graal è stato tracciato in dettaglio dalla ricerca storiografica: il nucleo deriverebbe da una leggenda orale gotica, derivata forse da alcuni racconti folcloristici precristiani e trascritta in forma di romanzo tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII secolo. Gli antichi racconti sul Graal sarebbero stati imperniati sulla figura di Percival e si sarebbero poi intrecciati con il ciclo arturiano. I romanzi del Graal furono originariamente scritti in francese e successivamente tradotti nelle altre lingue europee, senza l'aggiunta di nuovi elementi.
Fu solo dopo che il ciclo dei romanzi del Graal si fu costituito che il Graal venne identificato con la coppa dell'ultima cena di Gesù Cristo, collegando l'etimologia dei termini francesi san greal ("Santo Graal") e sang real ("sangue reale").
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